PM2,5 e impatto sanitario, presente e futuro
Il progetto VIIAS ha permesso di definire, attraverso l’uso di modelli, le concentrazioni di particolato fine (PM2,5) all’anno di riferimento 2005, al 2010 e al 2020 (con tre scenari diversi) insieme ai relativi impatti sulla salute a lungo termine.
Effetti sulla salute
Nel 2005, anno di riferimento, sono stati attribuibili al Pm2,5 34.552 decessi su 527.193 complessivi in tutta Italia, su una popolazione al di sopra dei 30 anni costituita da 40.077.488 individui. Dal punto di vista geografico, al Nord si muore di più a causa del particolato fine (22.485) rispetto al Sud e alle Isole (6.554) e al Centro (5.513), mentre prendendo in considerazione gli ambienti di vita si nota una maggiore mortalità nelle aree urbane rispetto a quelle non urbane. La mappa in apertura mostra il tasso di mortalità per cause naturali attribuibile al Pm2,5. Le proiezioni relative al 2020 danno un quadro di quella che potrà essere la situazione in tre scenari diversi:
- il primo, definito CLE (Current LEgislation), è basato sulle normative europee e nazionali vigenti o che entreranno progressivamente in vigore negli anni di scenario e presuppone che il trend rimanga sostanzialmente quello attuale. Ci saranno dei miglioramenti nella qualità dell’aria, in gran parte dovuti alle innovazioni tecnologiche per l’abbattimento delle emissioni;
- lo scenario 2020 CLE Target 1 ipotizza che i limiti alle concentrazioni di inquinanti, imposti dalla legislazione europea e nazionale, vengano rigorosamente rispettati e che quindi in nessuna cella, venga oltrepassata la soglia di legge (per elaborare il Target 1, alle zone in cui all’anno di riferimento erano state rilevate medie annue superiori al valore soglia sono state attribuite medie pari al massimo raccomandato. Per esempio, per lo scenario 2020 Target 1 del Pm2,5, il cui limite è di 25 µg/m3, è stato attribuito questo massimo anche alle zone che nel 2005 avevano registrato medie annuali superiori);
- nello scenario 2020 CLE Target 2 viene ipotizzato che le concentrazioni medie annue subiscano una riduzione uniforme sul territorio nazionale pari al 20%.
Esposizione della popolazione
All’anno di riferimento (2005), le concentrazioni medie annue al suolo sono state di 11,4 µg/m3 in Italia, 14,6 al Nord, 10,5 al Centro e 8,6 nel Sud e nelle Isole. Macroscopico il divario tra aree urbane e non urbane: nelle prime si è registrata una media di 23,9 µg/m3, nelle seconde di 11,1.
La concentrazione di Pm2,5 è sempre superiore al Nord, ma all’interno di questa macroarea è la Pianura Padana a detenere il record negativo. Quasi ovunque le concentrazioni medie annue, al baseline, si sono attestate tra i 20 e i 23 µg/m3, con il picco raggiunto nella zona di Milano e della Brianza, dove la media ha superato i 38 µg/m3.
Il progetto VIIAS non si è limitato a fornire le statistiche dell’inquinamento da particolato fine e della mortalità per cause naturali ad esso riconducibili, ma ha prodotto mappe che danno un quadro del livello dell’esposizione della popolazione al Pm2,5. A questo proposito è interessante notare come le concentrazioni di Pm2,5 "pesate" sulla base della Population Weighted Exposure, cioè l'aria che di fatto respiriamo, siano più alte rispetto ai valori sopra citati (la media nazionale al 2005 era di 20,1 µg/m3).
Nel 2005, il 29% degli italiani è stato esposto a concentrazioni di particolato fine superiori a una media annua di 25 µg/m3 che, ricordiamo, è il limite di sicurezza per la salute fissato dall’Unione europea. L’Organizzazione Mondiale della Sanità fissa un limite ben più restrittivo: 10 µg/m3, una condizione che in Italia, all'anno di riferimento, riguardava solo il 19,1% della popolazione (residente quasi sempre in contesti non urbani, soprattutto al Sud e nelle Isole). Per l’elaborazione degli scenari relativi al 2020 si è tenuto conto del limite fissato dall’Ue (25 µg/m3). Nella proiezione del Target 2, che contempla una riduzione uniforme del Pm2,5 pari al 20%, la percentuale di persone residenti in zone ad elevata concentrazione di particolato passerebbe dal 29% al 11,9%. Se il limite imposto dall’Ue fosse rispettato ovunque (Target 1), non ci sarebbe ovviamente esposizione oltre la soglia.
Il "caso" 2010
Tutti i dati relativi al 2010, dalle concentrazioni ai decessi attribuibili al Pm2,5, mostrano un calo sensibile. La ragione di questo andamento va ricercata negli effetti della crisi economica iniziata nel 2007 e in una riduzione delle emissioni derivante dal calo della produzione e dei trasporti. Una condizione che suggerisce la possibilità di ampi margini di miglioramento della qualità dell'aria a fronte di investimenti in tecnologie pulite e in politiche di contrasto all'inquinamento.